RIFLESSIONI DI UN VOLONTARIO IN RSA

Riflessioni di un Volontario in R.S.A.

 

Questo virus che ci ha contagiati su scala mondiale ci ha sconvolto la vita : ci ha mostrato tutta la nostra fragilità e  messo in crisi tante nostre certezze. Soprattutto ci ha costretti ad allontanaci fisicamente  dalle persone a noi care: genitori, figli, nipoti, amici. E per me che sono un volontario in una casa di riposo per anziani da tanti anni il pensiero angosciato va spesso alle  tante amiche ed amici ospiti nella struttura da me frequentata e mi chiedo per chissà  quanto tempo ancora non potrò più vederli e di cui non possiamo sapere nulla per via della privacy. Spero che stiano tutti bene. Sappiamo che già in tempi “normali” queste persone vivono in una solitudine spaventosa. Anche se stazionano e mangiano gomito a gomito ciascuno di loro è chiuso nella solitudine  dei propri sentimenti, pensando e ripensando alle proprie vicende personali, ai bei tempi della famiglia, degli affetti, delle amicizie, del lavoro, e magari alle delusioni, agli abbandoni. E il tempo sembra non trascorrere mai. Una vita cupa, grigia non scevra talora di rimpianti e di rimorsi. Prezioso è dunque il nostro andar  loro incontro con un sorriso, una stretta di mano, un abbraccio, una carezza, un bacio,  e magari con un pò di musica, di canto, qualche lettura. E la nostra ricompensa è nei loro occhi che si illuminano e nel loro ringraziarci continuamente. Ho sempre pensato che, per quanto benemerite,  le case di riposo non siano le strutture più adatte ad ospitare donne e uomini  che hanno perso la loro autonomia . Il loro primo dramma quando giungono in una R.S.A. è quello dell’aver dovuto abbandonare la propria casa, dove c’erano le memorie, gli affetti, l’arredo, le foto, e  tutto ciò che aveva riempito la loro vita,  e inoltre   man mano che passa il tempo sempre più insopportabile è la solitudine. E’ necessario un cambiamento radicale.  In che modo?  Innanzitutto consentendo alle persone anziane di rimanere nella propria abitazione il più a lungo possibile attraverso il potenziamento di  una rete di volontariato domiciliare,  da incentivare opportunamente anche con finanziamenti pubblici,  e  là dove non fosse più possibile,  creare strutture più agili di accoglienza  tipo case famiglia, con un numero limitato di ospiti assistiti da personale qualificato così da assicurare loro una vecchiaia più serena, più decorosa e degna di essere vissuta. Con questo sistema forse si sarebbero potute proteggere e salvare  le migliaia di  anziani colpite dal Covid19, salvaguardando cosi un grande patrimonio delle nostre famiglie.      
 Torino, Aprile 2020   

                                                                                                              Nicola Ieluzzi